Macro Group, l’azienda bolognese specializzata nel fornire soluzioni e applicazioni nell’ambito dell’Information & Communication Technology, in collaborazione con IBM, ha organizzato un convegno sul consolidamento dell’infrastruttura IT nella piccola e media impresa, allo scopo di aggiornare il mondo industriale sulle novità IBM System X, Blade, System Storage e VMware, la piattaforma di virtualizzazione leader del settore.

A presentare VMware è stato Davide Galanti, il responsabile di Severlab per l’Emilia-Romagna.

«Il nostro mestiere è la sicurezza, l’aumento dell’efficienza IT attraverso la riduzione della complessità. Per ridurre la complessità operativa abbiamo attivato delle partnership con leader tecnologici mondiali come VMware, Citrix e altri un po’ meno noti, come Res, ThinPrint.

Come facciamo a ridurre la complessità?

Centralizzando. La centralizzazione crea sicurezza. Riduciamo gli elementi fisici da gestire: se ho meno oggetti che si rompono ho risparmio energetico e di manutenzione. Riduco non soltanto gli elementi fisici ma anche i virtuali, dunque i software. Riduco le manopole, riduco i cruscotti di gestione e tutti quegli indicatori che mi consentono di stare a cavallo della mia infrastruttura e di guidarla. Riduco i tool: ho bisogno di pochi strumenti di controllo.

La centralizzazione crea sicurezza. Riduciamo gli elementi fisici da gestire: se ho meno oggetti che si rompono ho risparmio energetico e di manutenzione. Riduco non soltanto gli elementi fisici ma anche i virtuali, dunque i software.

I sistemi centralizzati sono più semplici da gestire. Serverlab riesce a gestire qualcosa come 19000 utenti con 18 tecnici, quindi più di 1000 utenti a tecnico, perché i sistemi centralizzati si gestiscono da soli.

Focalizzando due grandi aziende di software per la centralizzazione e virtualizzazione, possiamo parlare di VMware come di dati in alta disponibilità e di Citrix come programmi in alta disponibilità. L’obiettivo è la continuità operativa (business continuity): si caratterizza in continuità operativa all’interno della sala macchine e in continuità operativa della sala macchine, che si deve avere se salta tutta la sala macchine.

Disaster Recovery: una volta creato un datacenter con tutti gli accorgimenti necessari, ne facciamo un clone altrove. Con VMware è facile far ripartire il sistema da un sito secondario: non devo comprarmi tutte le macchine uguali ma basta impacchettare il tutto e copiarlo direttamente dallo storage. A questo punto la farm viene tenuta pronta per entrare in funzione in caso di rottura. Sta uscendo un tool di VMware che permette di automatizzare la modifica di tutti gli IP, così la farm di riparazione – inaccessibile e funzionante, proprio come il datacenter – può partire istantaneamente con gli IP già cambiati.

La storia nella quale si inserisce VMware è molto semplice: all’inizio c’erano pochi server; ogni server veniva dedicato a un compito particolare per ridurre i possibili conflitti software interni, ma questo significava avere tanto hardware. Poi sono nati numerosi servizi che qualche anno fa non c’erano, come l’e-commerce, l’help desk, l’intranet, il portale interno della documentazione, ecc. Prima c’era solo il gestionale, ora diventa tutto importante, tutto da tenere in alta disponibilità; ma sono servizi da tener distinti, quindi i componenti hardware da gestire diventano tantissimi. Nel tempo aumenta anche esponenzialmente la capacità elaborativa dei server. Se facciamo fare domain controller a un server moderno, scopriamo che per la capacità elaborativa sfruttata è dell’1%.

Se analizzo tutte le macchine in un’azienda che le tiene distinte per evitare conflitti, vedo che consumano una il 2, una il 4, una il 10%, poi c’è quella per il database che consuma il 90%, poi c’è il mail server che ha dei picchi; però, alla fine, si rileva un consumo medio piuttosto basso.

In questo scenario si inserisce VMware. Fatta 100 la necessità operativa di un’azienda, quanti server mi occorrerebbero per ottenerla? Tantissimi. Infatti adesso ne ho, per esempio, 20, che in totale danno una potenza operativa da NASA che non sfrutto, però gli spazi sono da 20 server, il consumo energetico è da 20 server, ecc. Quindi incrementa la complessità e l’inefficienza: è lo scenario tipico delle aziende.

Riassumendo, il vecchio modello dice: ho un Sistema Operativo ogni PC, con stretta dipendenza hardware-software (sono incollati); quando le applicazione al loro interno tendono ad andare in conflitto faccio un altro server. Le risorse sono sotto-utilizzate, quindi responsabili di un costo reale. Il vecchio modello non funziona più.

La novità di VMware

La signora Diane Green, una degli inventori di VMware, nella sua tesi di laurea ha ipotizzato di portare quello che c’era nel mainframe nel processore Intel x86. Da qui la possibilità di partizionare, isolare, incapsulare e ottenere l’indipendenza dell’hardware, rendendo possibili istanze multiple per i singoli utenti. Si evita lo spostamento di un Sistema Operativo da una macchina all’altra, che sono ore e ore di lavoro, e lo si è raggiunto grazie all’hypervisor.

L’hypervisor è un sottile strato di software (30 MB!) che si appoggia sulla macchina nuda; è monolitico, non modificabile e dunque stabile: è stato creato per quella macchina e lì funziona. Presto le macchine IBM integreranno VMware3 nativamente, mediante un chip attivabile acquistando la licenza.

Dunque abbiamo un unico oggetto – la Infrastructure – dove Sistema Operativo e applicazioni si spostano liberamente tra le macchine fisiche in quanto risiedono nello storage. VMotion è lo strumento che permette questa libertà di spostamento.

Sull’hypervisor si appoggiano il Sistema Operativo e le applicazioni che, per ora, sono ancora incollate. L’insieme di tutto ciò che viene caricato sugli hypervisor forma la VMware virtual infrastructure. La infrastructure include le macchine e lo storage. Dunque abbiamo un unico oggetto – la Infrastructure – dove Sistema Operativo e applicazioni si spostano liberamente tra le macchine fisiche in quanto risiedono nello storage. VMotion è lo strumento che permette questa libertà di spostamento.

Un esempio: nel peggior caso ipotizzabile, su una macchina ho un’applicazione di cui non possiedo più il file di setup. VMware Converter permette di virtualizzare l’applicazione, portandola in ambiente isolato. Inoltre, esser distaccati dalla procedura d’installazione significa risparmiare tempi molto lunghi. L’intero processo di virtualizzazione è automatizzabile grazie a un tool incluso nella suite VMware.

Cosa assicura velocità ed efficienza?

Un server viene gestito come un singolo file; VMware ha costruito un file system ottimizzato per gestire file di grandi dimensioni (file da 10, 20, 100 GB). Negli spostamenti tramite VMotion, che siano manuali o automatici, perdo 1 ping. Il prerequisito è, naturalmente, lo storage condiviso.

Se si guasta una macchina fisica e non sono in ufficio, con VMware il sistema riparte in 10 minuti. Si sta già lavorando per ridurre questi tempi, perché 10 minuti diventano tanti nel caso di un e-commerce che non deve perdere transazioni.

Se dobbiamo fare manutenzione hardware o software, che è la maggiore causa di crash nell’azienda, il DRS sposta i sistemi operativi sulla macchina a fianco, permettendo di lavorare sulla macchina spenta e riaccenderla quando finito, senza interrompere il lavoro e l’erogazione del servizio.

Ma quanti server servono? VMware ha ideato il Capacity Planning, uno strumento per il calcolo anticipato del fabbisogno di potenza elaborativa (cioè di server) dell’azienda. È un software che si installa sul PC dell’azienda e, senza essere invasivo, analizza tutte le macchine per 30 giorni, crea un file report con i risultati e lo invia alla VMware a Palo Alto, senza passare per intermediari. Da Palo Alto rispondono istantaneamente dicendo di quante macchine necessita l’azienda e quanto il sistema sarà performante. Ci assicurano che non sbaglieremo l’investimento. Il Capacity Planning conviene per chi ha dai 2-3 server in su, è gratuito con la suite Enterprise e ha un costo aggiuntivo a partire da un certo numero di server.

L’hardware: da virtualizzato a condiviso.

Il primo passo è stato trasformare l’hardware da fisico a virtualizzato, il passaggio successivo è da virtualizzato a pooled (condiviso): l’hardware diventa una commodity. Pooled significa che c’è dietro un gioco di bilanciamento di carichi e di condivisione: la condivisione è possibile solo con uno storage condiviso.

Un’altra funzione di VMware è il disaccoppiamento del backup dalle macchine virtuali in produzione tramite il Consolidated Backup…se parte il backup mentre lavoriamo non si ferma il server, non si ferma il lavoro dell’utente, ma si fa il backup a caldo senza intralci.

Il processo sotteso il pooled prende il nome di allocazione dinamica della potenza elaborativa, detta DRS (Dynamically Allocate System Resources): sulla base delle indicazioni decise dall’utente, VMware distribuisce automaticamente i server sulle macchine. Questo è propedeutico all’alta affidabilità: se una macchina si rompe o aumenta il suo bisogno di potenza elaborativa, VMware sposta in automatico i server su un’altra. Se invece cresce il bisogno di potenza elaborativa totale, si può aggiungere una macchina fisica dotata di hypervisor e così riequilibrare il tutto. Cosa succederebbe senza VMware? Si reinstallerebbe tutto.

Un’altra funzione di VMware è il disaccoppiamento del backup dalle macchine virtuali in produzione tramite il Consolidated Backup. Disaccoppiare significa che se parte il backup mentre lavoriamo non si ferma il server, non si ferma il lavoro dell’utente, ma si fa il backup a caldo senza intralci. Il tutto avviene tramite un software di backup esterno, quindi un software che già abbiamo e già conosciamo, mentre VMware cura lo scheduling e il disaccoppiamento del processo di backup.

Conclusioni

Diane Green sintetizza così i passaggi fatti da VMware:

  • consolidation, e quindi risparmio immediato (più macchine in una)
  • datacenter management
  • always on, alta affidabilità (DRS)
  • IT automation, è il futuro. Automatizzazione della virtualizzazione, del Disaster Recovery, dei task di manutenzione, ecc.

VMware è l’unica voce dell’IT in Italia ad avere una crescita vertiginosa. In Italia negli ultimi 2 anni c’è stata una crescita piccola rispetto agli altri paesi europei, invece VMware è cresciuta più di tutti gli altri paesi. Ma vediamo un esempio di un caso di successo in Italia.

Praxair è uno dei tre leader mondiali nel settore dei gas industriali. La sede italiana era dotata di 100 server fisici, ora ne ha 10: li abbiamo aiutati a spegnere 90 server. Guido Bonino di Praxair Italia racconta che VMware ha reso più semplice ed efficace la gestione dei server, ha garantito la business continuity su tutti i servizi, ha migliorato le prestazioni delle applicazioni e ha ridotto i costi di manutenzione e di elettricità. Basti pensare che la temperatura della computer room è scesa da 32-33°C a 24°C.

Infine, vediamo come VMware può essere compatibile con le esigenze di una medio-piccola impresa. Se un’azienda può spendere 60-70.000€ per l’acquisto di cluster, sappia che in questo prezzo rientra sia lo storage sia la licenza VMware. Con VMware fare un server 2003 da un template richiede 15 secondi; altro discorso è aspettare che l’ufficio acquisti approvi l’operazione, che il server arrivi, ecc.

Però, se all’azienda piccola non interessa l’alta affidabilità e può interrompere il lavoro anche per tre giorni senza gravi ripercussioni, il conto va fatto sul prezzo dei server. Un server da 6000€ con 8 GB di RAM fa girare bene 8 server; questo significa che un server da 6000€ lavora come 8 del costo totale di 48000€: in questa cifra ci sta anche la licenza di VMware.”

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